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A un anno e mezzo dall’ultima somministrazione, i vaccini anti Covid-19 continuano a mostrare un’elevata capacità di protezione contro le forme più gravi della malattia, in particolare negli anziani.

Lo mostrano i risultati di uno studio coordinato dall’Università di Bologna, che ha coinvolto l’intera popolazione della provincia di Pescara, seguita per 18 mesi, al fine di confrontare i dati dei vaccinati con due e tre dosi, analizzare la persistenza della protezione, l’efficacia dei vaccini contro le varianti Omicron e le differenze tra popolazione giovane e anziana.

Lo studio, che è stato pubblicato sulla rivista Vaccines, con il titolo “Covid-19 Vaccination Effectiveness in the General Population of an Italian Province: Two Years of Follow-Up”, è il primo a valutare a due anni di distanza dall’inizio della campagna vaccinale l’efficacia dei vaccini contro il Coronavirus e ha coinvolto anche l’Università di Ferrara e l’Asl di Pescara.

“I risultati confermano innanzitutto che, anche a distanza di oltre un anno dall’ultima vaccinazione, chi ha ricevuto tre dosi di vaccino ha un rischio di ospedalizzazione o decesso per Covid-19 di circa l’80% inferiore rispetto a chi non è vaccinato – spiega il coordinatore dello studio Lamberto Manzoli, professore al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Alma Mater – E abbiamo visto che la protezione di coloro che hanno ricevuto tre dosi è significativamente superiore a quella, pur buona, di coloro che hanno ricevuto solo una o due dosi”.

 
 
 
 

Le differenze più rilevanti sono emerse tra gli anziani: negli over 60 la percentuale di decessi per Covid-19 tra i non vaccinati è stata del 22%, contro il 3% tra coloro che hanno ricevuto tre o più dosi di vaccino. I vaccinati non hanno invece mostrato una protezione significativa contro la semplice infezione da Sars-CoV-2. “Un dato – sottolineano gli studiosi – che va però valutato considerando che le persone vaccinate avevano meno restrizioni in termini di accesso a luoghi pubblici e privati rispetto ai non vaccinati, e quindi una più elevata possibilità di entrare in contatto con il coronavirus”.

 
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