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Lo scorso mese di maggio l’Emilia-Romagna è stata colpita da un evento che per portata, intensità e vastità del territorio interessato, “non ha precedenti nel passato”, da quando cioè nel 1921 si sono iniziati a raccogliere i dati idrologici, con una “maggiore severità anche rispetto all’alluvione del 1939”.

È quanto emerge dal corposo rapporto della Commissione tecnico-scientifica incaricata dalla Regione per far luce sugli eventi meteorologici estremi del mese di maggio 2023.

Un dossier da quasi 150 pagine con un’approfondita analisi di quanto accaduto: 23 fiumi esondati contemporaneamente, per un volume di esondazione stimato in circa 350 milioni di metri cubi (pari a 11 volte la diga di Ridracoli).

Una mole d’acqua che ha provocato allagamenti in pianura su circa 540 chilometri quadrati quadrati di territorio. Quasi 66mila le frane – scivolamenti rapidi in terra o detrito, colate di fango, scivolamenti in roccia – censite su un’area di 72,21 chilometri quadrati. Oltre 1.900 infrastrutture stradali coinvolte da dissesto.

 
 
 
 
 
 

“Un evento senza precedenti nella storia osservata – scrivono gli esperti – con possibilità che si ripeta solo fra 500 anni”. Ancora più alta, quasi inestimabile e nell’ordine di qualche migliaio di anni, la probabilità di accadimento dei due eventi come quello del 2-3 maggio e quello del 16-17 maggio. E proprio il susseguirsi dei due eventi ha portato alle devastanti conseguenze: il secondo evento è stato infatti amplificato dai terreni già saturi.

 
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