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Manca poco più di una settimana al 16 gennaio, la data entro cui il Governo Meloni – dopo mesi di “melina” – dovrà rispondere ai rilievi della Commissione europea che, lo scorso novembre, ha inviato il parere motivato per avviare la procedura di infrazione contro l’Italia sulle concessioni balneari.

Sul piano delle “promesse”, l’Esecutivo ha sempre fornito ampie garanzie alla categoria, su quello dei “fatti” invece – almeno fino ad oggi – si è visto poco, anzi nulla.

Entro il 16 gennaio, però, il Governo dovrà dare risposte concrete non solo all’Europa, ma anche agli operatori balneari che, da anni, chiedono di sapere “se” e “in che modo” potranno continuare a gestire il pubblico demanio marittimo.

Intanto, le “non decisioni” dell’Esecutivo hanno comunque comportato delle conseguenze: ovvero che, in assenza di disposizioni nazionali, ogni Comune ha proceduto per conto proprio.

La maggior parte di questi ha deciso di avvalersi della possibilità di un anno di proroga prevista dalla stessa legge 118/2022 (firmata dal governo Draghi), ma restano le incognite sul futuro: come saranno rinnovati i titoli? Quanto dureranno? Come dovrà essere calcolato il valore aziendale? A queste e molte altre domande, il governo fino ad oggi non ha mai risposto. Ma il 16 gennaio è dietro l’angolo e, a quel punto – dopo rinvii, proroghe e cavilli – non si potrà più rimandare.

Nei prossimi giorni è prevista una riunione di maggioranza tra Meloni e i suoi due vicepremier per concordare una via d’uscita. Di certo, tra Italia e Europa, su questa partita, non c’è convergenza. Ad esempio, per Bruxelles, le stime del governo italiano, secondo cui solo il 33% delle spiagge nazionali è occupato da stabilimenti, sono inverosimili. Perché terrebbero conto anche delle aree morfologicamente precluse agli impianti balneari (colline, montagne, scogli, porti, riserve naturali).

Il secondo segnale, quello che più preoccupa Palazzo Chigi, è il severo monito lanciato dal Quirinale con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha firmato la legge sulla concorrenza. Un’occasione per confessare tutte le “perplessità” sul rinnovo finora solo ventilato delle concessioni balneari.

 
 
 
 
 
 

Meloni, intanto, è tra l’incudine e il martello. La Premier non vuole strappi con il Colle così come preferirebbe evitare un nuovo attrito con la Commissione europea dopo la bocciatura del Mes. Ma non può neppure sconfessare tutte le promesse spese in campagna elettorale, soprattutto dall’alleato Salvini che, la prossima estate, vorrebbe andare a petto gonfio in vacanza al Papeete.

In ogni caso, la linea sembra tracciata: sì alle gare, purché sia garantita una corsia preferenziale ai concessionari che hanno investito risorse. Un punteggio più alto nelle gare e, in caso di sconfitta, l’impegno del subentrante a liquidare una parte dell’investimento. 

Ma il tempo scorre. E dal 16 gennaio, in assenza di risposte da Roma, la Commissione potrebbe adire la Corte di Giustizia e far scattare la procedura di infrazione.

 
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