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Anche il Comune di Cesenatico si costituirà parte civile nel maxi processo “Radici” partito nei giorni scorsi e legato alle infiltrazioni mafiose nelle imprese romagnole. Una vicenda molto complessa in cui il nostro territorio, purtroppo, non sembra avere un ruolo defilato. 

Alla sbarra ci sono trentacinque imputati oltre ad una lista lunga ed assortita di parti civili, fra le quali – oltre all’ente pubblico di Cesenatico – anche i sindacati Cgil, Cisl e Uil, ed i comuni romagnoli di Bagnacavallo, Cervia, Imola e Reggio Emilia. 

L’indagine – che dovrà far luce sulle infiltrazioni mafiose di ‘Ndrangheta e Camorra nel tessuto socio-economico dell’Emilia Romagna – prevede un’ampia risma di capi d’imputazione: dalla bancarotta distrattiva e documentale all’intestazione fittizia, dall’autoriciclaggio alle estorsioni, dalle lesioni allo sfruttamento, fino ad arrivare a minacce e truffe che per anni, fino al 2021 – secondo la ricostruzione dell’accusa – si sono radicate nel sottobosco imprenditoriale della Riviera.

 
 
 
 
 
 
 
 

Per la Direzione distrettuale antimafia, dunque, sulla Rivera romagnola opererebbe un’associazione per delinquere a pieno titolo che mirava ad insinuarsi e stabilirsi nel territorio attraverso una serie di investimenti finalizzati a riciclare profitti di provenienza illecita. Sceglievano fra i bersagli privilegiati panifici e pasticcerie, ristoranti e hotel del litorale, Cervia e Cesenatico in particolare.

 
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