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Si intitola “Il fascismo repubblichino nel cesenate 1943-1945” l’appuntamento in programma questa sera – mercoledì 27 marzo – alle ore 20,45 al circolo Arci di Borella.  

La serata, che si svolge in collaborazione con la Cooperativa Casa del Popolo, è dedicata al racconto di drammatici eventi che hanno insanguinato la storia del nostro territorio dopo la nascita della Repubblica di Salò. 

Dopo l’annuncio dell’Armistizio, i primi reparti germanici entrarono a Cesena a partire dal 13 settembre 1943. Il 23 settembre 1943 Salò, un piccolo paese sulla sponda occidentale del lago di Garda, in provincia di Brescia, divenne famoso in tutto il mondo. Benito Mussolini, appena liberato dalla sua prigione sul Gran Sasso, durante l’invasione degli inglesi e degli americani, lo scelse come sede di alcuni uffici e ministeri del suo nuovo governo. In poco tempo quel paesino sconosciuto divenne il sinonimo del nuovo stato che Mussolini aveva creato: la Repubblica Sociale Italiana (RSI). 

La RSI, o Repubblica di Salò, fu insieme l’ultima incarnazione del regime fascista e un disperato tentativo di ritorno alle origini del fascismo, ma di fatto fu uno stato fantoccio della Germania nazista, incapace di esercitare un vero e proprio controllo sul suo territorio: un caos di bande armate e semi-indipendenti in lotta contro i partigiani e a volte anche tra di loro. Il nuovo governo creato il 23 settembre era per i tedeschi un’opportunità e un fastidio allo stesso tempo. 

Era un’opportunità perché il nuovo governo avrebbe potuto occuparsi dell’amministrazione civile e delle funzioni di polizia, permettendo ai tedeschi di concentrarsi nel fermare l’avanzata anglo-americana nel sud Italia. Le sue milizie aiutarono spesso i tedeschi nei rastrellamenti e furono responsabili di numerosi crimini di guerra. 

Cosa successe nel Cesenate? A Cesena il segretario del fascio era Guido Garaffoni che Il 20 dicembre 1943 riuscì a farsi eleggere segretario con sistemi poco ortodossi quali trasporto di elettori in camion, offerta di vino ecc, organizzati da fascisti più violenti e privi di scrupoli che Garaffoni aveva raccolto attorno a sé.

La popolazione non tardò a definire la nuova compagine del fascio cesenate “la banda Garaffoni”. Un modo sintetico per definire la natura delinquenziale del gruppo. Alla violenza e alla repressione degli antifascisti e dei partigiani si sommavano estorsioni, appropriazioni di beni altrui di cui furono vittime anche fascisti cesenati. Delle loro azioni non rispondevano al capo della provincia che era anche capo del partito, ma direttamente ai tedeschi.

Durante l’estate del 44, in corrispondenza dell’avanzata delle truppe Alleate, si intensificano nel Cesenate le azioni partigiane contro i nazifascisti.

Ad esse rispondono con brutale energia i fascisti repubblichini, soprattutto gli uomini del battaglione M “Venezia Giulia” della GNR stanziato a Cesena e i membri della Brigata Nera “Arturo Capanni”, guidati dal segretario del PNF locale Guido Garaffoni. La durezza di tale operato fu riscontrata persino dalle stesse autorità della RSI che ordinarono agli uomini del battaglione M “Venezia Giulia”, di stanza a Cesena e che nei mesi precedenti aveva compiuto in zona rappresaglie ed eccidi, di aprire un’indagine sugli uomini di Garaffoni.

Nei giorni che seguirono questa strage i fascisti continuarono le loro operazioni dirette a colpire il movimento partigiano nella pianura a nord-est di Cesena arrestando e fermando chiunque fosse sospettato.

A Villalta di Cesenatico, grazie ad una spiata, vennero catturati i fratelli Dario, Clara, Gino ed Urbano Sintoni. Assieme a loro fu fermata anche la cognata Iris Casadio.

Negli stessi giorni, nella vicina frazione di Bagnarola fu arrestato nella sua casa Gino Cecchini.

Nel medesimo luogo furono fermati anche Gino Quadrelli, Sebastiano Sacchetti ed Oberdan Trombetti. I quattro uomini erano ricercati perché sospettati di aver compiuto un sabotaggio antitedesco nel porto canale di Cesenatico. Dopo essere stati catturati il gruppo dei prigionieri venne condotto nelle carceri della Rocca Malatestiana e sottoposto ad interrogatori e torture.

Tra i fermati di quegli stessi giorni vi fu anche Adamo Arcangeli. Il 18 agosto furono catturati e fucilano a Ponte Ruffio di Cesena otto marinai disertori, in procinto di aggregarsi all’8a brigata Garibaldi Romagna.

Il 22 agosto 44 i repubblichini, grazie all’ennesima spiata, fecero un blitz in una casa della frazione di San Giorgio dove si stava tenendo una riunione della resistenza cesenate. In tale circostanza rimasero uccisi due uomini, uno dei quali era Ernesto Barbieri, presidente del CLN di Cesena.  Una terza persona, Urbano Fusconi, riuscì temporaneamente a fuggire salvo poi essere catturato e condotto anch’egli alle carceri della Rocca Malatestiana. La notte tra il 3 ed il 4 settembre Arcangeli, Fusconi, i fratelli Gino ed Urbano Sintoni, Cecchini, Quadrelli, Sacchetti e Trombetti vennero legati ad una corda e condotti allo sferisterio antistante la Rocca Malatestiana. Qui furono fucilati da un plotone d’esecuzione della Brigata Nera.

Pochi giorni dopo la Liberazione alcuni dei fascisti responsabili degli eccidi – tra cui lo stesso Garaffoni – saranno eliminati per vendetta da partigiani forlivesi nei boschi attorno a Thiene (VI).

Altri subiranno processi nel dopoguerra, ma nessuno di essi sconterà lunghe pene.

Il 20 ottobre 1944 l’esercito alleato entrò a Cesena e Cesenatico liberando le città dall’occupazione nazifascista.

Il Relatore della serata sarà Vladimiro Flamigni, storico del Novecento e Vice Presidente Istituto Storico della Resistenza e dell’Età contemporanea Forli-Cesena.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
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