L’arrivo della nave rigassificatrice previsto in aprile 2025, al largo del porto di Ravenna preoccupa la Marineria di Cesenatico. C’erano già dubbi, mai sciolti, sull’impatto ambientale del rigassificatore di Porto Viro, che è in Veneto, quindi più a nord. Con l’arrivo della Singapore il problema potrebbe presentarsi proprio sull’uscio di casa.
Il tema sollevato dalla Coop. Casa del Pescatore è sul fatto che entrambi i rigassificatori, per trasformare il gas da liquido a gassoso, usano l’acqua di mare che viene restituita priva di ogni forma di vita e praticamente “distillata”. È facile da intuire che questo procedimento (che prende il nome di ciclo aperto) può togliere nutrienti a pesci e molluschi con ciò che ne consegue per gli allevatori e pescatori locali. Solo nel caso di Porto Viro vi è la possibilità di passare ad un ciclo chiuso, limitando gli effetti dell’immissione di acqua a fine ciclo in mare, ma in questo modo il procedimento sarebbe più costoso quindi meno remunerativo per compagnie e gestori.

Secondo quanto riferito, il rigassificatore Singapore sarà posizionato in una zona tipica e abituale di lavoro per i pescherecci di Cesenatico e non solo; sono in compagnia di quelli di Rimini, Bellaria e Porto Garibaldi.
La zona in cui sarà posizionato il rigassificatore e l’eventuale parco eolico sarà a poche decine di miglia da Cesenatico. C’è inoltre forte preoccupazione anche per gli impianti di molluschicultura; meno nutrienti in mare si potrebbero tradurre in un tardivo sviluppo dei prodotti rispetto gli standard abituali.

In conclusione va chiarito che la Marineria di Cesenatico non è mai stata contraria agli impianti di rigassificazione ma ha sempre sostenuto che per salvaguardare le attività che traggono sostentamento dal mare fosse necessario e doveroso che questi impianti funzionassero a ciclo chiuso. Nel caso della Singapore in Regione questa occasione è stata perduta generando preoccupazione ed incertezza tra pescatori e allevatori.
Far diventare Ravenna un importante hub energetico rischia di provocare gravissimi danni all’esercizio alle attività di pesca e alla redittività delle impresa di pesca e allevamento marittimo.