Una tartaruga in difficoltà immortalata (trovate il video in questa pagina) a Punta Marina (Ra) ha suscitato un intervento di Italia Nostra. È un’attivissima associazione che si batte per la tutela dell’ambiente in quel di Ravenna.

“Mercoledì 13 agosto – si legge in una nota -, durante un’escursione in canoa, due cittadine hanno segnalato un esemplare di tartaruga marina Caretta caretta in evidente difficoltà nelle acque comprese tra Punta Marina (Ravenna) e la frontistante nave rigassificatrice BW Singapore entrata in funzione da alcuni mesi.
In un video, girato per dare indicazione ai soccorsi giunti dopo poco, si vede la tartaruga praticamente inerte avvolta da un ampio strato di schiume galleggianti sul pelo dell’acqua davanti a Punta Marina. Che ne sarà di quelle del nido in prossima schiusa?

La formazione di schiume
La formazione di schiume nei siti in cui è presente un’unità rigassificatrice è conseguente al processo di rigassificazione, che utilizza l’acqua di mare come vettore di scambio termico per riscaldare il gas liquefatto e riportarlo alla fase gassosa. L’acqua di mare va sterilizzata con massiccio uso di ipoclorito di sodio (candeggina, per intenderci, come si usa nelle piscine) per evitare il rapido deterioramento degli impianti del rigassificatore, e successivamente viene ributtata in mare, con la formazione di schiume”.

Unisciti al canale WhatsappUnisciti al canale Telegram

L’impianto di rigassificazione di Ravenna
L’impianto approvato per Ravenna è infatti a “ciclo aperto”, la scelta più conveniente dal punto di vista economico dell’investitore rispetto a quella a “ciclo chiuso”, che non avrebbe previsto l’uso di acqua marina ed il conseguente rilascio al mare di notevoli quantità di prodotti della clorazione. È evidente la gravità degli impatti per l’ambiente marino di un simile processo. Come è stato molte volte dichiarato inutilmente da biologi marini, associazioni, esperti, cittadini.

L’effetto nefasto sulla fauna marina
Recentemente, il direttore di Fondazione Cetacea di Riccione, Sauro Pari ha ricordato che “Il rigassificatore al largo di Punta Marina creerà grandissimi problemi sia alla fauna ittica che ai pescatori”. E ancora “Secondo la Fondazione Cetacea, l’impatto sarà simile a quello registrato una decina d’anni fa per il rigassificatore di Porto Viro, dove fu registrata una morìa anomale di tartarughe marine” (testata Ravenna&Dintorni del 12.01.2025). In poche parole, l’apparato digerente della tartaruga viene “sterilizzato”, ed essa, impossibilitata ad assorbire nutrienti, si debilita, spesso con prognosi infausta.

L’esemplare in fin di vita nel mare di Punta Marina
In assenza di conferme, non possiamo attribuire il rinvenimento della tartaruga in fin di vita tra le schiume nel mare di Punta Marina all’entrata in funzione del rigassificatore di Ravenna, né, d’altro canto, pare che finora sia stato diffuso alcun dato sui monitoraggi da eseguirsi tramite MMO (Marine Mammals Observer) che invece erano stati annunciati durante la velocissima fase di approvazione del progetto.

Giunge la replica del centro Cestha che segue la schiusa delle uova di tartaruga nel litorale di Ravenna.

Ci teniamo particolarmente a dare seguito a diversi comunicati stampa che collegano lo spiaggiamento di una tartaruga marina proprio a Punta Marina con la presenza del rigassificatore e citano ipotetici pericoli per le future nasciture del “nostro” nido.
Come molti sanno, la caratteristica di CESTHA è quella di basare ogni attività e dichiarazione su competenze certificate nel mondo della ricerca scientifica e sull’uso rigoroso del metodo scientifico.
Il comunicato stampa apparso nei giorni scorsi ci trova in disaccordo, poiché propone un collegamento diretto causa-effetto tra due eventi senza che vi siano prove oggettive.
La scienza arriva alle conclusioni solo attraverso raccolta di dati, misurazioni oggettive e replicabili, e revisione tra pari. Ad oggi, su questo specifico argomento, non risultano pubblicazioni scientifiche che confermino la tesi proposta nell’articolo. (Neppure tesi contraria, ndr)
Inoltre, i casi di spiaggiamento di tartarughe registrati quest’anno lungo l’Adriatico spaziano dalla Laguna Veneta fino alle Marche, rendendo improbabile – anche solo a livello teorico – un collegamento diretto con il rigassificatore di Ravenna. L’episodio di Punta Marina rappresenta il 18º caso del 2025 tra Veneto ed Emilia-Romagna, areale di competenza di CESTHA , altrettanti nei territori non gestiti dal nostro ente e tutti riferibili alla casistica della Debilitated Turtle Syndrome (DTS): una condizione osservata in diverse parti del mondo, caratterizzata da estrema debolezza, perdita di peso e ridotta capacità di alimentarsi. Le cause precise sono tuttora sconosciute e possono includere fattori ambientali, nutrizionali e infettivi. Una nota: la DTS è stata documentata anche in zone prive di rigassificatori o attività industriali analoghe.

Già nel 2021 il nostro centro registrò 14 casi simili nello stesso tratto di mare, in un periodo in cui il rigassificatore non esisteva nemmeno e lo stesso fenomeno accadde tra Slovenia e Croazia.
In conclusione, allo stato attuale delle conoscenze e dei dati disponibili, non esiste un pericolo oggettivo per le future nascite del nido di Punta Marina se non quelli naturali e fisiologici della vita selvatica.

Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

Mi piace farmi gli affaracci vostri!

Inviando questo modulo acconsenti al trattamento dei dati secondo le vigenti norme di Privacy e diritto di autore. Per maggiori informazioni vai alla pagina Privacy e Cookie.

Leave a Reply