Vi vogliamo raccontare una favola…
C’era una volta uno dei più grandi illustratori della storia d’Italia, Walter Molino, che trascorreva le sue estati in villeggiatura a Cesenatico…
Grazie ad un amico in comune, abbiamo avuto il piacere e l’onore di fare una chiacchierata con Antonio Molino, illustratore e pittore, nipote di Walter.
“Arrivo a Cesenatico da Milano, dove sono nato, dopo appena dieci giorni dalla mia nascita a bordo di una Topolino e con un caldo pazzesco. L’avventura comincia così, in due villette gemelle di proprietà dei genitori di mia zia, la fidanzata del liceo e la moglie, in seguito, di Walter. I miei primi anni di vita, in estate, li ho trascorsi qua e al Grand Hotel con mia madre e nel fine settimana, poi, ci raggiungeva mio padre come era usanza fare. Ricordo in modo vivido – era l’estate del 1964 – che il Grand Hotel era frequentatissimo da donne e uomini dello spettacolo. Ho incontrato Virna Lisi, Tony Renis, che appena arrivato si esibì con il pianoforte a coda dell’hotel in “Quando quando quando”...” – esordisce così Antonio Molino.
“In quelle estati, ricordo anche un pò di noia…la mattina si stava al mare, si faceva il bagno, la merenda…ma il pomeriggio – essendo figlio unico ed avendo qualche cugino ma più grande di me, passeggiavo da solo nei vialetti intorno casa. C’erano una fila di villette ai lati della strada con cancelli e recinzioni. Un giorno arrivai ad una di queste cancellate e aggrappandomi alle due sbarre misi a fuoco un’ altra recinzione all’interno della quale c’era una bambina. Entrambi avremmo avuto 6/7 anni e cominciai a guardarla. Lei si avvicinò e passarono così i minuti, a guardarci, in silenzio. Diventò quasi un appuntamento, successe per altre 3/4 volte. Mai nessuno dei due proferì parola… Fisicamente non me la ricordo, ma sono vividi quei momenti quei momenti” – prosegue nel racconto Antonio, divertito all’idea che sarebbe davvero bello se quella bambina, oggi donna, leggesse questo articolo per una vera carrambata.
“Sin da piccolo sono cresciuto in un clima culturale particolarmente vivace, indubbiamente anche grazie alla mia famiglia. Walter era ancora un ragazzino, 14/15 anni quando venne mandato da suo padre – mio nonno – a farsi conoscere da Achille Beltrame. Fu con lui poi che iniziò ad alternarsi nella realizzazione delle copertine della Domenica del Corriere. E da lì tutto cominciò…i giornalisti e chi si occupava della cultura, in generale, si incontrava e conosceva. Era automatico, a partire dalle redazioni, oltre al clima che invogliava allo scambio” – prosegue l’artista.
“C’è episodio di snodo che dice che la mia carriera professionale non è stata un accomodamento quanto una scelta personale. Era fine giugno/inizio luglio del 1967, avevo 11 anni e spesso d’estate, finita la scuola, andavo a mangiare dagli zii. La loro casa era piena di riviste: “Oggi”, “Epoca”, “Europeo”…su quest’ultima c’ era in in copertina Gianfranco Moroldo, il fotografo anche di Oriana Fallaci – inviato in Sinai per la guerra dei sei giorni. Foto in bianco e nero, anche di cadaveri di soldati…Lo sfogliai, rimasi attratto dal taglio delle fotografie. E lì dissi, ecco io da grande voglio fare i disegni di attualità (cronaca, costume…) ma non come quelli che fa lo zio Walter, ma con le inquadrature di questo fotografo…” – incalza nel racconto Molino.
“Ho avuto la fortuna di farlo il mestiere, non solo di illustratore ma anche di pittore e da qualche anno scrivo libri. Il talento va coltivato, e ci sono arrivato. Quando disegno me li sento tutti vicino: babbo, zio, cugini, tutti a loro volta del mestiere. Ho assorbito da ognuno di loro modi diversi di lavorare, come il terminale di un fiume con tanti affluenti. E’ per questo che riesco ad esprimere una complessità; non ho disegnato con lo stesso stile per sempre, e questo mi ha permesso oltre che di salvarmi mentalmente anche di non essere una pallida imitazione. Nel corso degli anni sono cambiate tante cose, comprese le tecnologie e il modo di lavorare. Prediligo ancora l’aspetto manuale dell’acqua, delle mani, dei pennelli ma non significa che non faccia utilizzo, in parte, delle nuove tecnologie. Photoshop o l’intelligenza artificiale che vorrei integrare nell’ultimo mio progetto: mantengo sempre una prospettiva orientata al futuro” – prosegue l’illustratore pittore.
“Attualmente sto lavorando ad una graphic novel dedicata alla 50esima edizione della targa Florio, svoltasi nel 1966. A livello di pittura, invece, ho realizzato il dipinto raffigurante Don Giuseppe Allamano, canonizzato il 20 ottobre 2024, fortemente voluto da monsignor Giacomo Martinacci, rettore del Santuario della Consolata di Torino. Il dipinto è stato installato nella cappella a destra dell’altare principale e consacrato in occasione di una cerimonia religiosa tenutasi il 16 febbraio 2025 e officiata dal cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino” – continua Antonio.
“Ciò che unisce tutto, sono il senso e il piacere della narrazione. Mi definisco un artigiano della narrazione – conclude Molino.
Si ringrazia Salvatore Giannella, lui sa perchè.

