Romano Buratti: l’artista che racconta il mondo della tradizione romagnola attraverso i quadri. Le sue opere narrano di una realtà che affonda le radici nel passato ma riesce a relazionarsi con un pubblico moderno.
La magia della pittura traduce le usanze di un intero popolo donando loro un corpo vero e proprio. La sua mostra, aperta tutte le sere d’estate nella casa in viale delle Nazioni 90, attira turisti e passanti, facendo scoprire una storia che è parte integrante del patrimonio culturale locale.
La passione inizia fin dalla sua infanzia e cresce letteralmente con lui: “Sono nato a Ponte Pietra, vicino a Cesena, nel 1937. Da bambino ero l’unico dei miei coetanei che passava la maggior parte del tempo a disegnare. C’era chi giocava, chi correva, chi cominciava già ad imparare una professione. Io no. Disegnavo, semplicemente. Copiavo i fumetti. La mia propensione veniva considerata una cosa abbastanza inutile. In quel periodo era inconcepibile che qualcuno riuscisse a guadagnarsi da vivere con l’arte. Nell’immediato dopoguerra, poi, era difficilissimo recuperare anche il materiale per dipingere”.
“Il mio studio era la cucina di casa. Ero costretto ad utilizzare gli acrilici perché le altre tinte avevano un odore troppo forte – racconta Buratti – Quindi, a dirla tutta, facevo come potevo. Con l’arrivo dell’adolescenza ho dovuto approcciarmi al mestiere di meccanico (come mio padre) perché così voleva la tradizione. Ma, ben presto, ho compreso che quella non poteva essere la mia strada. Ho pensato di inserirmi seriamente nel contesto artistico. Infatti, verso il ’76, sono entrato all’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Sotto la guida del mio docente, il maestro Folli, ho iniziato a raccogliere i primi apprezzamenti e ad allestire le prime mostre. E da lì è partito tutto”.
Austria, Germania, Francia, Belgio, Spagna. “Esponevo le mie creazioni in tutt’Europa. Mi piaceva portare i ricordi di una Romagna semplice e rurale a persone che, apparentemente, non ci aveva nulla a che fare. E così, tra viaggi e concorsi, ho preso a dedicarmi alla pittura a tempo pieno. Il mio intento era (e continua ad essere tutt’ora) quello di fissare le esperienze della mia infanzia sulla tela. I personaggi protagonisti delle mie rappresentazioni danno voce alla vita umile della nostra gente”, conclude il pittore.