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a cura di Gianni Briganti

Gianni Briganti

Gianni Briganti

Il libro di Eraldo Baldini e di Giuseppe Bellosi, “Halloween – Origine, significato e tradizione di una festa antica anche in Italia”, edito dalla Società Editrice Il Ponte Vecchio, riporta un affascinante paragrafo specificatamente destinato agli usi Romagnoli riconducibili al dodekaémeron; sono usi che molti della mia generazioni non hanno mai conosciuto ma che leggendoli uno ad uno mostrano molti punti di collegamento con l’Halloween festeggiato dai nostri figli.

Innanzitutto il ritorno dei defunti era collocato non alla vigilia d’ognissanti ma alla vigilia dei morti. Si lasciava la casa apparecchiata, si teneva una candela accesa per guidarli nel cammino e la mattina ci si alzava molto presto, anche verso le 2; si cambiavano i letti con lenzuola nuove per lasciarli alla disponibilità delle anime che sarebbero lì tornate a riposarsi e ci si incamminava a piedi verso la chiesa per la messa mattutina. In chiesa si faceva una specifica questua dedicata ai defunti, progenitrice del “dolcetto o scherzetto”, e i poveri erano i beneficiari principali della questua raccolta, che a volte veniva effettuata anche di casa in casa chiedendo la “carità dei morti”.

La zucca, simbolo di Halloween, era in realtà un’usanza più Italiana che Irlandese; questi ultimi svuotavano prevalentemente grosse rape e cipolle, sostituite dagli emigranti negli Stati Uniti con le più diffuse zucche. Si ipotizza anche che in realtà siano stati gli emigranti Italiani ad agevolare l’utilizzo di quest’ultime, SAN-MARTINO-già presenti nella propria cultura. Durante i primi di novembre in Romagna le zucche erano scavate, illuminate e lasciate in diversi luoghi del paese per “spaventare le streghe” e, non da meno, erano rese appositamente spaventose anche per spaventare goliardicamente qualche passante. Celebre era il “gioco” della Piligrena; coprirsi con un mantello nero e andar in giro di notte con in mano la zucca illuminata a spaventare la gente.

Come in molte altre parti d’Italia era però il giorno di San Martino, l’ultimo del dodekaémeron e quindi ultimo giorno del periodo di transizione, ad essere dedicato alla festa con cene, ritrovi e allegria. Particolarmente forte nel distretto del Rubicone, ma non solo, la festa dei becchi; i presunti cornuti del paese venivano chiamati uno ad uno sottocasa da gruppi di ragazzi per fargli raggiungere il luogo della festa, che non di rado terminava con litigi e risse.

Questi due articoli sono solo un piccolo estratto del ricco contenuto del libro, che in modo ampio e documentato riporta testimonianze che affondano le radici nella nostra cultura e che i festeggiamenti di Halloween, inconsciamente, ci stanno aiutando a riscoprire.

Leggi a questo link la prima parte della storia di Halloween!

Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

Mi piace farmi gli affaracci vostri!

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