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a cura di Gianni Briganti

Gianni Briganti

Gianni Briganti

L’omicidio Pascoli, ovvero di Ruggero Pascoli padre del celebre poeta Romagnolo, è avvenuto in circostanze mai del tutto chiarite il 10 agosto 1867. Diverse le ipotesi fatte nei decenni: dal movente politico, al movente economico, fino a quello di una vendetta in stile mafioso. In particolare c’è un passo sulla pagina wiki dedicata a Ruggero Pascoli che cita come fonte il testo di Vittorino Andreoli “I segreti di casa Pascoli”. Recita il paragrafo: “La maggioranza dei concittadini pensava, però, che l’uomo, in qualità di agente e amministratore della tenuta dei principi Torlonia, avesse ostacolato, nel suo lavoro, qualche potente malavitoso della zona, forse un contrabbandiere. Gli stessi coloni della tenuta si dedicavano al contrabbando per arrotondare i salari. L’omicidio dunque sarebbe stato una vendetta o un avvertimento in stile mafioso“. Tenete a mente questo passo.

Facciamo un passo indietro. Bagnarola alla metà del 1800 era un luogo malfamato, con crimini e contrabbando all’ordine del giorno, come del resto un po’ in tutta la Romagna. Ma ciò che caratterizzava specificatamente questo paese era la granitica presenza di una popolazione consanguinea, concentrata su 4 o 5 ceppi principali, condizione che si protrarrà poi per molti decenni. Il paese era come un’unica grande famiglia unita quindi da un vincolo implicito di solidarietà e questa solidità veniva temuta dai “forestieri” che vi transitavano.

images_q_tbn_ANd9_Gc_QNFCIer_X2l_X8_PJ4_Np2_Pcxke_BEOd_F8Scrive a questo proposito R.Baredi sul suo libro “I democrètich dla Bagnarola” riferendosi agli anni del dopoguerra: “Bagnarola rimaneva però un paese particolare, tanto da far dire agli “stranieri”: “Se t’e un inzidènt a la Bagnarola, no t’ met a quis-ciunè! A lé i è tot parint!” (Se hai un incidente a Bagnarola, non metterti a discutere! Là sono tutti parenti!)”. Un’altra vicenda significativa risale agli anni ’60; si racconta di una madre preoccupata per la sorte della figlia che aveva sbandato con la sua auto contro la casa di un Bagnarolese. Raggiunta la figlia, la tempestò di domande: “Oddio, hai avuto in incidente a Bagnarola?? Cosa ti hanno fatto? Stai bene??”, sospettando che anche un mero incidente potesse essere fonte di linciaggio collettivo.

Questo clima di solidarietà degenerava spesso in comportamenti omertosi già nel 1800, volti a proteggere senza esitazione di sorta i propri compaesani. Anche le vicende più segrete venivano raccontate tra la gente e nei circoli della frazione, sicuri che la grande famiglia non avrebbe mai lasciato trapelare nulla; nemmeno un omicidio. La storia che vado a raccontare non ha prove per essere ritenuta certa e nell’essere stata tramandata oralmente potrebbe aver subito alcune distorsioni; la stessa storia mi è stata integralmente raccontata da mio padre, nella continuità di quel passaparola che dalla metà del 1800 l’ha fatta giungere fino ai giorni nostri. Non è quindi opportuno riferire i nomi espliciti dei protagonisti della vicenda: sia per i diretti interessati che non hanno più possibilità di difendersi dai racconti noti un tempo in paese, sia per rispetto nei confronti dei discendenti ancora in vita.

E’ invece importante che emergano finalmente alcuni ulteriori dettagli che magari potranno essere utili a chi indaga sul delitto da più tempo e molto più approfonditamente di quanto io non possa fare.

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Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

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