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Addio a Dario fo. Aveva 90 anni

By 13 Ottobre 2016 No Comments

dario foL’arte saluta Dario Fo. Il premio Nobel per la letteratura è scomparso all’età di 90 anni. A Cesenatico era un volto noto visto che con Franca Rame avevano una residenza estiva dove il Maestro usava preparare alcuni delle scenografie che portava nei teatri d’Italia. Proprio nella città rivierasca si è tenuta la sua ultima mostra dedicata a Darwin presso il Palazzo del Turismo.

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Era cittadino onorario di Cesenatico dal 1994 e aveva un filo doppio che lo riconduceva a Cesenatico, città che frequentava fin dalla gioventù insieme alla moglie Franca Rame e al figlio Jacopo. Fino al punto di abitarci durante il periodo estivo quando trasformava l’abitazione di via Vetreto, nelle campagne di Cesenatico, in una fucina artistica.

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In quelle mura infatti ha scritto gran parte dei canovacci delle commedie diventate celebri sui palchi d’Italia. Tra queste non mancano le canzoni che Jannacci ha poi reso famose. E il caso ha voluto che Fo, ultimo premio Nobel per la letteratura italiano, se ne sia andato di scena proprio nel giorno in cui l’ambito riconoscimento è stato assegnato a Bob Dylan.

Le dichiarazioni del figlio Jacopo Fo. A dare il triste annuncio della morte del Nobel è stato il figlio Jacopo Fo che su Facebook per nome della  Compagnia Teatrale e la famiglia ha scritto: “Il maestro Dario Fo si è spento oggi 13 ottobre 2016 all’ospedale Luigi Sacco di Milano, dove era ricoverato da qualche giorno a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Il nostro Paese e il mondo intero perdono oggi un artista che per tutta la vita si è battuto contro l’affermazione secondo cui ‘la cultura dominante è quella della classe dominante’. Attraverso la sua intera opera Dario Fo ha lavorato affinché le classi sociali che da secoli erano state costrette nell’ignoranza prendessero coscienza del fatto che è il popolo a essere depositario delle radici della propria cultura. Per questo suo impegno nel 1997 gli è stato conferito il Premio Nobel per la Letteratura ‘perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi’. Insieme all’adorata compagna Franca Rame ebbe il coraggio di allontanarsi dai circuiti teatrali ufficiali, che lui amava definire ‘teatro borghese’, per portare i loro spettacoli in luoghi non convenzionali come fabbriche occupate, piazze, case del popolo e carceri. La sua figura si distingue in questo, Dario Fo non ha mai avuto bisogno dell’etichetta di ‘intellettuale’, perché l’idea di cultura per la quale si è battuto non è né accademica né elitaria. I suoi lavori nascono dalla cultura popolare per essere restituiti al popolo. Il suo modo di concepire la narrazione non era mai limitato, ma si allargava a tutte le forme artistiche cui amava attingere. Nel momento in cui scriveva una storia all’istante la vedeva, vedeva i personaggi, i volti, le scene, e li raffigurava sulla tela, per poi portarli sul palco, trascinando il suo pubblico in una straordinaria scatola magica”.

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