Il turismo in Italia dà lavoro direttamente a quasi 300mila persone (220mila lavoratori dipendenti), vale a dire circa il 6% del Pil nazionale, e il suo peso cresce fino al 14% se si considera l’indotto.

Nonostante questi numeri, per ragioni che sfuggono ad ogni logica, nella nostra storia repubblicana, il ministero del Turismo non ha mai avuto una sua autonomia operativa ed è sempre stato accorpato a qualche altro dicastero (agricoltura, cultura, ecc…).

L’emergenza pandemica che ha messo in ginocchio il turismo ha spinto il governo Draghi a considerare finalmente il settore come un “ambito della politica industriale” e non più come a un ramo cadetto della cultura. E così, per la prima volta, si è deciso di collocare nell’organigramma del nuovo esecutivo un ministero specifico per il turismo. Il leghista Massimo Garavaglia, dunque, sarà dotato di portafoglio e quindi di autonoma capacità di spesa.

A lui il compito di risollevare le sorti di un settore della nostra economia che sta pagando al Covid un prezzo pesantissimo: -68,6% di turisti stranieri nei primi nove mesi del 2020 rispetto all’anno precedente, – 74,2 milioni di presenze complessive nell’estate 2020 con un – 73,2% di visitatori nelle città. In termini di fatturato, secondo l’ultima stima Unioncamere, significa una perdita netta di 53 miliardi di euro.

Se sono i fatti a definire le persone, per l’ex ministro Dario Fraceschini il turismo non è mai stata una priorità. Decisamente più sensibile alle esigenze di teatri e musei, l’ex ministro non verrà ricordato per la vicinanza alle imprese della vacanza, anche se – va detto – il “bonus turismo”, alla fine, si è rivelato più utile del previsto.

In ogni caso, non possono essere i ristori a rimettere in moto la macchina del turismo. La ripartenza del settore passa inevitabilmente dai 3,1 miliardi del recovery plan, che nella versione presentata alle Camere vanno ripartiti tra turismo e cultura, in una divisione che ora andrà rivista proprio alla luce dell’istituzione del nuovo dicastero.

Dunque, soldi freschi da immettere nel settore e, soprattutto, un’autonomia di spesa che, almeno sulla carta, dovrebbe rappresentare un “plus” finalmente tangibile per la filiera della vacanza.

Oggi, la priorità di Garavaglia è quella di provare a salvare il salvabile della stagione invernale che, a differenza del settore balneare, rischia di perdere la stagione completamente. Ma è chiaro che la partita più importante si giocherà la prossima estate quando si rimetterà in moto la vera locomotiva del turismo italiano, ovvero la Romagna. Il punto fermo è cancellare l’incertezza che ha governato il turismo marittimo lo scorso anno quando, a maggio inoltrato, ancora mancavano le regole per bagni e hotel. Senza dimenticare l’annoso tema delle concessioni demaniali marittime ancora appese alla Bolkestein, alle proroghe per rinviare le gare pubbliche chieste da Bruxelles e al conseguente blocco degli investimenti degli operatori.

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One Comment

  • Speriamo che diano molti più soldi alla cultura del bravo ministro Franceschini che al turismo. Dopo una estate d’oro non capisco le preoccupazioni degli operatori. Tante altre categorie avrebbero diritto di lamentarsi e di ricevere più aiuti. Facciamo la media degli ultimi 3-5 anni e poi ne parliamo!!!

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