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Il diario di Attilio. Cap IV “Il grande raduno”

By 9 Febbraio 2015 Gennaio 18th, 2022 No Comments

Attilio è incolonnato a piedi insieme ai suoi compagni di disavventure e costretto a spostarsi nonostante la neve alta 40 centimetri. La sua storia è raccontata grazie al suo diario concesso dai figlio Mauro e Giulio. (a questo link il capitolo precedentea questo il primo capitolo)

Cap IV “Il grande raduno”

“Per la prima volta vidi esseri umani abbandonati, morenti senza che nessuno si curasse di loro. Eravamo ridotti come animali che lottano per la sopravvivenza, per quelle persone di nazionalità belga non c’era più niente da fare. Nello stesso giorno mi cucinai un paio di patate che tenevo dentro lo zaino. Trovato un secchio di metallo mi avviai a cucinarlo in un angolo, ma all’improvviso fui aggredito alle spalle da un cane pastore tenuto al guinzaglio da una guardia tedesca. fortuna mia fu che quel fantoccio armato tirò indietro subito e con forza quell’animale assetato di sangue umano; ne uscì con un morso in una coscia e vari graffi nel corpo, mi andò bene.

Mi allontanai di corsa lasciando tutto sul posto, andai all’interno della fornace e presi un pezzo di stoffa dal mio zaino per fasciarmi la ferita senza la possibilità di disinfettarmi per mancanza di medicine e, quando ripartimmo il giorno dopo, oltre a patire il freddo e la fame avevo anche la ferita. Dopo quindici giorni di lunghe marce per paesi e città arrivammo nei dintorni della città di Sagan; qui c’era il grande raduno: tra civili e prigionieri si parlava di quattro – cinque milioni di esseri umani in balia della guerra.

Arrivò la sera senza che nessuno sapesse cosa fare; ad un tratto da quella folla arrivarono alle mie orecchie parole in una lingua che conoscevo: il romagnolo. Mi avvicinai in quella direzione e ebbi la grande sorpresa di trovarmi di fronte al mio amico e compaesano Campedelli e altri di Cesena e Forlì. Furono momenti felici con abbracci e qualche lacrima. Ci dovemmo lasciare un’altra volta perché loro avevano indumenti civili mentre noi indumenti militari con segnati sulla schiena il numero di matricola e del lager.

Difficile descrivere il caos che c’era in quei giorni perché oltre agli stranieri c’erano anche molti civili che scappavano per paura di cadere in mano ai russi”.

(continua…)

 

Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

Mi piace farmi gli affaracci vostri!

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