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La nascita di Cesenatico ai tempi dell’Inferno Dantesco – Capitolo II

a cura di Gianni Briganti

Gianni Briganti

Gianni Briganti

Nell’articolo introduttivo (leggi qui) abbiamo visto come la prima cronaca sulla nascita di Porto Cesenatico, datata 1302, incroci le vicende del porto e della fortezza posta a sua difesa con tre personaggi che sono, seppure indirettamente, legati alle terzine dell’Inferno Dantesco. Il primo di questi è Federico Da Montefeltro, che nella cronaca degli Annales Caesenates il lunedì 22 ottobre 1302 assaltò Cesena, assieme ad altri due alleati che approfondiremo in seguito, e quindi “con mangani e macchine da guerra andarono alla fortezza sopra il Porto, la espugnarono (…) e ne riempirono i fossati”.

Figlio di Guido I Da Montefeltro, Federico I Da Montefeltro (da non confondere col più celebre Federico III Da Montefeltro ritratto da Piero Della Francesca) era un condottiero e capitano di ventura, Conte di Urbino e Signore di Pisa, Fano e Cagli. E’ stato altresì capitano del popolo di Cesena fino al 1301 e non da meno dal 1294 al 1300 (anno di ambientazione dell’Inferno) Galasso Da Montefeltro, cugino di Guido, era Podestà di Cesena.

Va detto che siamo in tempi in cui l’incertezza politica era la regola; la Romagna era parte integrante, seppur periferia estrema, dello Stato della Chiesa ma l’equilibrio di potere tra il papato e i signorotti locali, in perenne guerra tra loro, era costantemente precario e vedeva continui sconvolgimenti di fronte per il controllo del territorio; talvolta il pontefice avallava il governo delle città da parte delle famiglie conquistatrici mentre talvolta interveniva, specie tramite eserciti alleati, per riprendersi il controllo diretto delle zone.

12648060_1734753640092002_296549389_nGuido I Da Montefeltro, padre di Federico, era un abile condottiero e politico che trascorse i suoi ultimi anni di vita ad Assisi dove si convertì al Francescanesimo, non prima però di riappacificarsi col papato (era un ghibellino; un anticlericale, diremmo oggi semplificando) e non prima di venire nominato Signore di Forlì. A suo figlio Federico lascerà il titolo di Conte del Montefeltro. Dante lo colloca nell’ottava bolgia dell’Inferno (Canto XXVII) tra i consiglieri fraudolenti e, alla vista sua e di Virgilio, gli fa pronunciare queste parole:

Se tu pur mo in questo mondo cieco
caduto se’ di quella dolce terra
latina ond’io mia colpa tutta reco,
dimmi se Romagnuoli han pace o guerra;
ch’io fui d’i monti là intra Orbino
e ‘l giogo di che Tever di diserra.

Guido chiede in sostanza a Dante, se veramente è venuto all’inferno (in questo mondo cieco) dalla Romagna (di quella dolce terra latina) dove ha compiuto le nefandezze per cui ora si merita la punizione eterna (ond’io mia colpa tutta reco), di dirgli se in Romagna si vive in pace o in guerra, perché lui proviene dal Montefeltro (ch’io fui… ecc…). Dante gli da una risposta dettagliata che comincia in modo molto significativo:12656543_1734753690091997_225453120_o

Romagna tua non è, e non fu mai,
sanza guerra ne’ cuor de’ suoi tiranni;
ma ‘n palese nessuna or vi lasciai.

In sostanza gli risponde innanzitutto che la terra di Romagna non è mai stata senza guerra perché i suoi tiranni, i signorotti delle famiglie locali, solo la guerra hanno in animo e, forse, quello dell’animo in guerra è una caratteristica che si estende per analogia all’impeto naturale del carattere Romagnolo. Continua dicendo che ora come ora, ovvero nel 1300 in cui è ambientato il viaggio negli inferi, non c’è nessuna guerra in atto ma dato che le terzine sono state scritte presumibilmente tra il 1304 ed il 1308, Dante sa che al di là di una pausa momentanea le guerre continueranno. E sa già che proprio il suo diretto discendente, Federico I di Montefeltro, è uno dei vari artefici di queste guerre come ad esempio durante l’attacco a Cesena e al Porto Cesenatico del 1302.

Volete sapere come prosegue la risposta di Dante a Guido Da Montefeltro sulla situazione in Romagna? Scopritelo a QUESTO LINK!

Alessandro Mazza

Alessandro Mazza

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