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Più che una vita, un vero romanzo. Perché la biografia di Tinin Mantegazza non è mai stata banale, sin da quando – ancora bambino – si ritrovò a piazzale Loreto davanti alla testa mozzata della Petacci riposta sul grembo del Duce. Erano le 6 del mattino a Milano e, accompagnato dal padre, Tinin uscito di casa ancora in pigiama fu testimone di quella storica giornata.

Da quel giorno la grande cronaca non l’ha mai abbandonato. Di indole curiosa, avido di cultura e di una fantasia sorniona ma sconfinata, aveva un grande talento: quello del disegno.

+++ LE FRASI PIU’ BELLE DI TININ +++

Nel dopoguerra lavorò al quotidiano La Notte come disegnatore. Poi visse gli ’60 da protagonista, conoscendo nei teatri milanesi gli artisti che, negli anni a venire, avrebbero segnato un’epoca. Da Cochi e Renato a Bruno Lauzi, da Enzo Jannacci a Giogio Gaber. Quando cresci con questi nomi, la tua vita non potrà mai essere banale. E così, negli anni ’70, fondò il teatro Verdi e la compagnia teatrale Il Buratto. Venne assunto alla Rai dove, con la moglie Velia, costruì più di duemila pupazzi teatrali e televisivi, tra cui il mitico Dodò dal becco giallo, protagonista della trasmissione per bambini “L’albero azzurro”. Collaborò a lungo con Enzo Biagi: per lui realizzava i disegni delle schede del programma del giornalista.

Tinin Mantegazza, 89 anni, ligure di Varazze, ma milanese da quando aveva sei anni, aveva deciso molto presto di trasferirsi a Cesenatico “perché lì la gente è più simpatica”.

Illustratore, pittore, scenografo e scrittore, Mantegazza è stato, fino all’ultimo, un’instancabile mente creativa che nel corso degli anni ha saputo spaziare con vivacità e disinvoltura nel campo del giornalismo, della regia, della televisione, dell’animazione culturale e dell’organizzazione teatrale.

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