Cinquantuno anni dopo i moti di Stonewall, la serie di violenti scontri avvenuti nel 1969 tra polizia e omossesuali newyorkesi considerati simbolicamente il momento di nascita del movimento per i diritti civili, anche l’Italia potrebbe dotarsi della prima legge che contrasti violenza e discriminazione nei confronti dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.
Dopo 25 anni di dibattiti, sei tentativi parlamentari, la tenace opposizione della Cei, ora la legge contro la omotransfobia è pronta ed è stata depositata il 1° luglio alla commissione giustizia della Camera. Si tratta della legge Zan, dal nome del suo primo firmatario e relatore, il deputato del Partito Democratico Alessandro Zan. Un testo scarno che sintetizza insieme cinque disegni di legge che ampliano l’attuale legge Mancino che già oggi punisce i reati di “odio” per ragioni razziali, etniche, religiose o legate alla nazionalità, anche all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Con la nuova legge chi discriminerà persone gay e trans rischierà fino a quattro anni.
Ma non è finita qua infatti nel testo sono contenute disposizioni che affrontano il tema dal punto di vista culturale e di tutela delle vittime. Viene proposta l’istituzione di una giornata nazionale contro l’omotransfobia (17 maggio) e la creazione di un fondo dedicato ai “centri antidiscriminazione e case rifugio” che offrono assistenza sanitaria e psicologica alle persone che, a causa del proprio orientamento sessuale, non riescono a trovare lavoro, non hanno casa o hanno subito violenze. A questo si aggiungono attività culturali, in contesti lavorativi e scolastici, e un monitoraggio condotto dall’Istat sull’andamento dell’omotransfobia nel nostro paese.
Una proposta di legge – neanche a dirlo – che solleva le polemiche dei movimenti di ispirazione cattolico-reazionaria del Family Day e Pro Vita, che hanno definito la legge“liberticida” e un ulteriore passo avanti nella normalizzazione della cosiddetta teoria gender. Come forma di protesta, questi gruppi hanno organizzato una manifestazione diffusa in 100 città d’Italia e anche a Cesenatico per sabato 11 luglio, ricevendo anche il sostegno di Matteo Salvini.
Ma come vede la proposta di legge l’Arcigay di Rimini? Lo abbiamo chiesto al presidente, Marco Tonti: “Si tratta di un testo che potrebbe essere migliorato, mi riferisco in particolare all’assenza dell’importante tema sulle teorie riparative, cioè dei percorsi a cui vengono sottoposte persone Lgbt, spesso minori, per correggere un orientamento o un genere ritenuto non conforme alle attese. Una forma di sevizia gravissima, che in numerosi paesi europei – l’ultima è stata la Germania – è stata espressamente e severamente vietata. L’auspicio è che l’Italia faccia altrettanto, e lo faccia cogliendo l’occasione che offre questo testo di legge”.
“Di certo fondamentale è l’estensione della legge Mancino anche alla violenza e discriminazione sull’identità di genere e sesso – continua Tonti – Ma uno degli aspetti più importanti è la creazione di case rifugio. Poco tempo fa anche a Rimini, una ragazza minorenne è stata allontanata da casa perchè lesbica. Al momento in Italia esistono solo due case rifugio private a Roma e a Torino, è giusto che sia lo Stato a tutelare queste vittime”.
Cosa risponde alle manifestazioni che sabato 11 luglio scenderanno in piazza sotto l’insegna delle “Sentinelle”? “Cosa dobbiamo rispondere a persone che parlano di eterofobia? Io non ho mai sentito discriminare una persona perchè eterosessuale, ma se anche fosse è giusto che tutte le discriminazioni sessuali vengano difese e tutelate. Si tratta di movimenti che portano avanti una cultura che giustifica le discriminazioni. La cosa fondamentale è che non venga istigato l’odio, anche contro chi oggi si comporta da vittima”. Un riferimento sottinteso a don Mirco Bianchi, parroco di Villamarina e Gatteo Mare, paladino della “famiglia cristiana” e argine più ostinato contro la legge Zan, più volte al centro di polemiche contro le famiglie arcobaleno.