La nascita di Cesenatico ai tempi dell’Inferno Dantesco – Ultimo Capitolo
a cura di Gianni Briganti
Come descritto nell’articolo precedente (leggi qui) il porto di Cesena venne ricostruito nel 1314 a seguito del suo interramento avvenuto nel 1302, poco dopo la sua nascita (leggi qui il primo articolo della serie). Tuttavia la cronaca degli Annales Caesenates n.313 “De perdizione castri Portus Cesene” ci informa riguardo alla seguente seconda distruzione avvenuta 14 anni dopo e che riporto sempre tradotta dal latino come presente sul libro “Storia di Cesenatico” di Davide Gnola:
“1328, nel mese di settembre, quasi all’ora terza (le nove). Avendo il Signor Venerabile Padre Signor Aimerico di Chateluz, (…) Podestà e Capitano della città di Cesena, presa e avuta in custodia da detto Comune la fortezza del Porto Cesenatico; Cecco degli Ordelaffi Capitano di Forlì, insieme col Signor Ostasio Da Polenta, e con il Conte Chiaramonti (…) insieme a ottocento cavalieri, e a ottomila soldati a piedi, si recò armato alla predetta fortezza cavalcando nella notte (…) perché a custodire la fortezza non vi erano che 10 servitori, occupò la detta fortezza, fece bruciare la palizzata del porto, e ostruire l’imboccatura; poi lavorando continuamente alla distruzione della torre della fortezza di detto porto, al domenica 25 del detto mese alla sera la fece minare, ossia crollare.”
Ora; non ci si meravigli del fatto che Ostasio Da Polenta fosse figlio di Bernardino, colui che aveva distrutto una prima volta il Porto Cesenatico, nonché cugino di Guido Novello, colui che 14 anni prima ne aveva inaugurato il ripristino, a ulteriore conferma dei continui capovolgimenti di fronte del periodo trecentesco.
Ma merita in questo racconto un posto particolare Cecco degli Ordelaffi, Capitano di Forlì. Nato nel 1315, la sua famiglia da decenni teneva in mano Forlì. Nell’incontro all’Inferno con Guido Da Montefeltro, nel Canto XXVII descritto anche nel secondo articolo (leggi qui), così Dante descrive la famiglia degli Ordelaffi:
La terra che fé già la lunga prova
e di Franceschi sanguinoso mucchio,
sotto le branche verdi si ritrova.
La città di Forlì viene qui richiamata con riferimento ai tempi del governo di Guido Da Montefeltro, proprio colui a cui Dante sta parlando, quando era una roccaforte ghibellina che per due anni resistette all’assedio degli eserciti guelfo e francese inviati dal Papa (la lunga prova). Facendogli poi credere di aver conquistato la città, Guido vi rientrò poco dopo circondandoli e facendo una strage (sanguinoso mucchio). Tuttavia dal 1296 al 1303, e quindi nell’anno 1300 di ambientazione della Divina Commedia, Forlì era in mano agli Ordelaffi, il cui stemma comprende un busto di leone verde con gli artigli ben in vista (sotto le branche verdi si ritrova).
Va detto che a seguito della distruzione del Cesenatico del 1328 i lavori di ricostruzione della fortezza vengono completati pochi mesi dopo mentre il porto, più difficile da ripristinare, verrà riaperto al mare solo nel 1334, anno in cui Cesena passa (ironia della sorte) proprio sotto gli Ordelaffi.
Seguono nell’ordine il ritorno di Cesena sotto il dominio diretto del papato tramite il Cardinale Albornoz nel 1356, con conseguente incendio appiccato alle palate del porto, un assedio da parte di Giovanni Manfredi da Faenza nel 1360 e un’occupazione nonché ulteriore distruzione da parte di Braccio da Montone nel 1415.
E’ quasi un miracolo che Porto Cesenatico sia sopravvissuta a tutti gli attacchi subiti, si sia sviluppata e abbia prosperato proprio grazie alle sponde di quel suo canale più volte ostruito, assaltato, distrutto, bruciato ma, con la tenacia di chi non molla mai, ogni volta tornato a riveder le stelle.
Link alle 5 parti dell’articolo:
Parte 1 – La nascita di Cesenatico ai tempi dell’Inferno Dantesco
Parte 2 – Cesenatico, Federico Da Montefeltro e il padre Guido: “dimmi se Romagnuoli han pace o guerra”
Parte 3 – Cesena (e il suo porto) nell’Inferno di Dante: “tra tirannia si vive e stato franco”
Parte 4 – Francesca, sorella di Bernardino Da Polenta: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona”
Mi scuso coi lettori per un refuso di cui son colpevole. Quando parlo di Cecco I degli Ordelaffi, ovviamente la frase giusta non è “Nato nel 1315” ma “Signore della città (di Forlì) dal 1315”.